Comunicato stampa: Gruppo operatori carcerari volontari, oltre quarant'anni di impegno
L’incontro, intitolato “La funzione rieducativa all’interno del carcere, contributi di volontariato” e moderato dallo scrittore Livio Ferrari prevede, dopo i saluti di benvenuto del Sindaco e della presidente dell’associazione Ludovica Tassi, gli interventi di Giovanni Tamburino, direttore dell’ufficio Studi del Dap e coordinatore nazionale dei Magistrati di sorveglianza, Giovanni Maria Pavarin, già presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia, Giorgio Ronconi, fondatore e presidente onorario del Gruppo operatori carcerari volontari, Claudio Mazzeo, direttore della Casa di Reclusione di Padova, e di Attilio Favero, referente Ocv per il Polo Universitario.
Nel carcere, oltre ai colloqui coi detenuti, i volontari svolgevano attività scolastiche, artigianali, come il corso di xerigrafia, e insegnamenti individualizzati per iscritti all’Università.
Col trasferimento della Casa di Reclusione in via Due Palazzi acquistò rilevanza la presenza femminile a partire dal servizio di fornitura del vestiario, specie nella Casa Circondariale.
Nella Casa di Reclusione si avviarono invece corsi per il conseguimento del diploma di geometri, che funzionarono fino al 1998, quando il sevizio fu assunto dalla Scuola pubblica.
Nel 1999 il Gruppo si ampliò in seguito all’apertura di una Casa di accoglienza temporanea per detenuti dimessi dal carcere, che si chiamò “Piccoli Passi” e che ben presto fu destinata ad ospitare detenuti che, dopo un certo periodo di detenzione, che coincideva in genere con la metà della pena, potevano godere di un permesso premio, da trascorrere coi familiari fuori del carcere.
Il Comune di Padova concesse una struttura confinante col Comune di Limena, detta casa del Dazio, che venne ristrutturata grazie a un finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.
Il servizio, tuttora funzionante, ha finora ospitato decine e decine di detenuti, che hanno potuto ricongiungersi ai loro familiari per un periodo di uno o più giorni, a seconda del provvedimento emesso dal magistrato di sorveglianza.
Con l’avvio dei corsi regolari per il diploma di scuola media superiore si fece strada l’idea di creare i presupposti per facilitare ai detenuti l’accesso all’Università, come già avveniva a Firenze per iniziativa di universitari volontari. Alcuni docenti appartenenti al Gruppo presero contatti col Provveditore agli Istituti di Pena e col Rettore dell’Università ponendo le basi per la creazione di un “polo universitario” all’interno del carcere di Padova.
Fu coinvolta anche la Fondazione della Cassa di Risparmio, che contribuì alle spese per la sistemazione di alcuni locali del carcere, alle tasse universitarie e all’acquisto di libri e materiale didattico.
Questa nuova attività, avviata ufficialmente nel 2003, è oggi organizzata direttamente dall’Università che si avvale di tutor qualificati, mentre continua l’apporto di volontari ex docenti, in particolare per le discipline letterarie e l’informatica.
Mentre nella Casa circondariale il sostegno al detenuto aveva carattere più sporadico, prevalendo l’attività di distribuzione del vestiario ai molti chi arrivavano in carcere presi sulla strada, nella Casa di Reclusione ebbe molta rilevanza la relazione periodica coi detenuti. L’Associazione infatti, in base ad un accordo con la Direzione, a partire dal 2006 ha dato sistematicità a questi colloqui creando dei Gruppi di ascolto, ossia coppie di volontari che si recano settimanalmente in determinati orari nei diversi reparti per incontrare i singoli detenuti, a partire da quelli che si sentono più isolati e bisognosi di sostegno, anche per impedire che il disagio provochi atti di autolesionismo o spinga al suicidio.
Il servizio coinvolge una trentina di volontari.
Accanto al sostegno offerto con la vicinanza e l’ascolto, i volontari hanno cercato di coinvolgere i detenuti con attività più concrete, rivolte alla lettura, alla scrittura e ad altre espressioni creative, come il disegno, l’oggettistica e la pittura. Già negli anni novanta c’erano volontari che aiutavano a leggere i giornali o che insegnavano a dipingere, promuovendo a volte l’esposizione di questi lavori in centri parrocchiali o comunali. In anni più recenti i volontari hanno dato vita a due laboratori, di cucito e di falegnameria, che coinvolgono una decina di detenuti del reparto di alta sicurezza, condannati a pene lunghe per reati associativi. Sono opera loro le “pigotte”, bambole di pezza che vengono donata all’Unicef e all’Oncoematologia dell’Ospedale di Padova. L’esperienza e la creatività li ha portati anche a realizzare originali lavori di patchwork, con stoffe che l’Associazione riceve in regalo.
I volontari si sono fatti promotori anche di corsi di alfabetizzazione, di insegnamento di lingue straniere e di informatica.
Continuano inoltre l’attività di sostegno scolastico, grazie alla fattiva collaborazione cogli insegnati della scuola istituzionale, organizzando nelle ore pomeridiane dei doposcuola sulle più impegnative materie di studio.
Questo rapporto col mondo della scuola ha suggerito di recente un’altra iniziativa: far accedere alcuni detenuti al lavoro di pubblica utilità, esterno, organizzando, con l’accordo delle autorità competenti, la ridipintura di aule scolastiche di istituti cittadini.
Il Gruppo ha sempre dato grande importanza alla formazione e all’informazione sulla realtà carceraria promuovendo incontri riservati agli associati ed altri, a carattere più generale, rivolti ai cittadini sensibili alle problematiche carcerarie. Tra questi va ricordato il ciclo di conferenze dal titolo “Il Carcere a Padova”, organizzato in collaborazione con il Comune nel marzo 1999 nella sede universitaria di Palazzo Maldura, e quello successivo, dal titolo “Il volto dietro le sbarre” tenuto tra gennaio e aprile del 2003 nell’Aula magna dell’Istituto Camerini Rossi, in collaborazione con la Caritas diocesana. Altri ne sono seguiti, con varia frequenza, fino all’ultimo, del 2019, in collaborazione col Comune nella Sala “Diego Valeri”.
Attualmente ne sono attivi una settantina, distribuiti fra il servizio nella Casa di accoglienza “Piccoli Passi” e nei due Istituti padovani.