Comunicato stampa: posa delle sei Pietre d’inciampo. Il discorso del sindaco Giordani
Si è celebrata giovedì 24 gennaio, nell’ambito delle iniziative del Giorno delle Memoria, la cerimonia di posa delle Pietre d’inciampo recanti nomi di sei nostri concittadini di religione ebraica vittime dell’Olocausto nazifascista. Sono Giuseppe e Italo Parenzo, Rodolfo Ducci, la moglie Luisa Hoffman Ducci, e i figli Eva e Teo. Alla cerimonia ha partecipato il sindaco Sergio Giordani. Presenti anche gli assessori Cristina Piva e Francesca Benciolini.
Il testo del discorso pronunciato dal sindaco Sergio Giordani:
"Signore, signori, autorità, questa cerimonia che per la quarta volta celebra nella nostra città la Giornata della Memoria è molto di più del ricordo di sei nostri concittadini ebrei vittime della persecuzione nazifascista.
Pietre di inciampo: credo che non fosse possibile dare un nome migliore a queste opere che ridanno una identità a donne e uomini che una ideologia aberrante voleva ridurre, prima dello sterminio, a un semplice numero.
Si inciampa, infatti, quando si è distratti, quando si è indifferenti a quello che ci accade attorno.
Liliana Segre ci ricorda che coltivare la memoria è fondamentale contro l’indifferenza e ci ricorda che ognuno di noi ha una coscienza alla quale deve rispondere.
Leggendo i racconti dei pochi sopravvissuti, le lettere dei deportati, colpisce quello che accadde dal 5 settembre 1938, quando il Re Vittorio Emanuele firmò il decreto che sanciva la perdita dei diritti civile per gli ebrei e dava il via alla loro persecuzione.
Molti troppi italiani, gente normale, non feroci delinquenti, si impegnarono prima nella discriminazione, poi nella deportazione di vicini di casa, di conoscenti, trasformandosi in coscienziosi complici.
Molti altri girano la testa dall’altra parte.
Dissero non mi riguarda, o forse pensarono di ricavare qualche beneficio spicciolo da questa situazione.
Per fortuna, molti altri a rischio anche della propria vita, si opposero come potevano a questo orrore. Lo fecero anche molti servitori dello Stato, e tra loro, numerosi Carabinieri come testimonia l'interessante mostra allestita in questi giorni in Municipio che vi invito a visitare.
Chissà se anche allora li deridevano chiamandoli “buonisti”.
Rimane ancora oggi valida la riflessione che ha tormentato per tutta la vita Primo Levi: è accaduto, potrebbe accadere ancora.
La storia non si ripete mai identica, ma spesso ci mette davanti alla nostra coscienza.
C’è un’agghiacciante similitudine in quello che è accaduto allora e nelle vicende che oggi vedono morire nel Mediterraneo migliaia di persone.
Deportati e annegati in mare, non hanno più una identità, sono solo dei numeri, entità astratte senza un volto, che oltre a non avere un futuro non hanno più neppure una storia.
Chissà, forse anche tra i bambini morti nei campi di concentramento ce n’era uno che aveva nascosto in tasca una pagella piena di bei voti pensando che potesse essere un lasciapassare per un futuro migliore.
Abbiamo il dovere del ricordo, lo dobbiamo ai milioni di persone morte in quegli anni terribili, ebrei per la grandissima parte, ma anche rom, disabili, omosessuali, dissidenti politici, persone insomma che davano fastidio.
Viviamo però nel presente e ci dobbiamo confrontare con la nostra coscienza. Comunque la pensiamo, quale che sia la nostra idea sulle migrazioni epocali di questi anni, stiamo parlando di persone: donne uomini e bambini, rispetto ai quali non possiamo semplicemente dire non mi riguarda.
Tutti ci siamo chiesti come fu possibile discriminare e deportare, per lo più alla luce del sole, migliaia e migliaia di persone dalle nostre città, dai nostri quartieri. Da un giorno all’altro il vicino di casa non c’era più, il negozio all’angolo era chiuso, un banco in classe rimaneva sempre vuoto.
La risposta è crudelmente e banalmente semplice: troppe persone girarono la testa dall’altra parte e dissero, non mi riguarda.
Facciamo in modo che questo non accada mai più.
Questa giornata, oltre che un doveroso omaggio a questi sei padovani, vittime non solo della violenza nazifascista, ma anche dell’indifferenza e dell’egoismo, sia per tutti noi l’occasione per riflettere sul fatto che quando parliamo della vita di un essere umano, nessuno di noi si può chiamare fuori".