Filiberto Ambrosini
Filiberto Ambrosini (Monteforte d’Alpone 1894 – Caprino Veronese 1955). Farmacista.
Reduce della Prima guerra mondiale, cui aveva partecipato con compiti prevalentemente sanitari, venne richiamato nel 1939 col grado di capitano nel Corpo di Sanità, e assegnato a Udine e poi a Fiume come supervisore dei magazzini medici militari sul fronte slavo. Congedato nell’agosto del 1943, tornò alla sua farmacia a Caprino Veronese.
A Fiume aveva conosciuto Francesco Benedict, divenendone amico per affinità di studi (entrambi laureati in chimica) e per comuni interessi culturali.
La famiglia Benedict era composta dal padre Francesco, di origine ungherese, ingegnere e direttore tecnico della ROMSA (Raffineria Oli minerali Società Anonima) dalla madre Erna Doczi e dalla figlia Rosemarie, nata a Fiume nel 1924 (il figlio maggiore, Tibi, laureato in fisica a Bologna nel 1938 si era trasferito nel 1939 in America, dove rimase, lavorando al MIT di Boston).
Al tempo della persecuzione Ambrosini intervenne due volte in loro aiuto, la prima volta agli inizi del ’43 andando ad abitare presso di loro durante il suo servizio a Fiume, e proteggendoli così, con la sua presenza di ufficiale dell’esercito italiano, dalle minacce e dai rischi cui erano esposti in quanto ebrei.
Dopo il suo rientro a Caprino, consapevole del rischio che i Benedict correvano a Fiume, si recò da loro nel dicembre del 1943 per offrire un rifugio a Caprino, dove infatti si trasferirono. Nei giorni del rastrellamento nazista di Caprino (13-15 marzo 1944) che portò all’arresto e alla deportazione di 17 ebrei, Ambrosini nascose in casa sua i Benedict, tacitando con denaro e minacce una spia fascista che minacciava di denunciarlo. Nel rastrellamento furono invece arrestati e deportati un cognato dell’ing. Benedict e la suocera, ricoverata in una casa di cura. Ambrosini organizzò poi la fuga in treno da Caprino dei Benedict, grazie alla collaborazione del cognato Alfredo Zanetti, conducente del convoglio. I Benedict si trasferirono poi a Boves dove rimasero fino alla fine della guerra.
Una lettera di ringraziamento scritta da Francesco Benedict alla moglie di Ambrosini, Nerina Zanetti, il 22 giugno 1945, è la prima testimonianza diretta dell’aiuto salvifico prestato da Ambrosini durante la persecuzione. La seconda è costituita dal libro autobiografico di Rosemarie Wildi-Benedict, Piccole memorie 1938-1950 “Rosemarie”, Cuneo, Primalpe, 1999 (ristampato nei due anni successivi) con prefazione di Primo Levi. Atre testimonianze attestano che a Caprino Ambrosini si prodigò anche nell’assistenza di altri ebrei lì rifugiati, come gli anziani coniugi Alessandro Platschick e Alice Schwarz.
Dal novembre 1944 all’aprile 1945 Ambrosini fu comandato con cartolina di precetto al ruolo di comandante di plotone della locale formazione delle Brigate nere. In questo ruolo non partecipò mai ad azioni di rastrellamento ed anzi il suo intervento fu determinante per il rilascio di numerosi caprinesi arrestati durante il rastrellamento nazista del 28 gennaio 1945, e da lui fatti scarcerare dalle carceri mandamentali di Verona.