Cenni storici sul quartiere 3 Est
Il quartiere 3 Est, nato dalla fusione degli ex quartieri 5 Brenta–Venezia e 6 Forcellini–Camin, è territorialmente il più esteso della città in quanto occupa oltre un terzo dell'intera superficie urbana.
Vi abitano 39 mila persone e ospita i maggiori insediamenti produttivi e le principali infrastrutture commerciali di Padova ed è dotato di vari polmoni verdi, quali i parchi Iris e Roncaiette. Per un lungo tratto i confini est del quartiere seguono il corso del Brenta, mentre la parte sud è interessata dalla zona industriale.
E’ suddiviso in una serie di rioni: Torre, Mortise, Ponte di Brenta, San Lazzaro, Pio X, Stanga, Forcellini, Terranegra, San Gregorio, Camin e Granze.
Il territorio di Mortise, ora popoloso quartiere della periferia padovana, si estende per un paio di chilometri a Nord-Est della cinta muraria urbana cinquecentesca.
Anche se il toponimo Mortise compare per la prima volta in un atto notarile del 1100, il suo territorio fu teatro d’antica frequentazione umana, testimoniata dal ritrovamento di una stirpe paleoveneta del Vi - V sec. a.C., avvenuto sul finire del secolo scorso. Tuttavia è assai difficoltoso ricostruire le vicende e l’antica struttura territoriale di quest’area, poichè le tracce archeologiche e storico-topografiche sono state progressivamente alterate e sepolte dalla massiccia urbanizzazione iniziata nei primi anni ‘60, che ha modificato profondamente le forme e l’ambiente preesistenti. L’unica emergenza storica di rilievo sorge sulla strada principale (via Madonna della Salute), nel cuore del sobborgo: si tratta dell’oratorio dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, meglio conosciuto come “la ciesetta”.
Ponte di Brenta, sulla via per Venezia, fa parte oggi del Comune di Padova, anticamente invece era una località del villaggio di Noventa. Tutto il suo territorio, prima di diventare centro abitato, era boschivo come quello delle località limitrofe lungo il Brenta. Proprietario di questo bosco, chiamato “Selva del Brenta”, era il vescovo di Padova.
E’ quasi certo però che in epoca romana Noventa, e quindi anche quello che oggi è Ponte di Brenta, era colonia romana. In seguito alle invasioni barbariche e all’insediamento dei Longobardi e dei Franchi, Novanta continuò ad essere nucleo abitato, mentre la zona di Ponte di Brenta divenne boschiva. Per ridiventare insediamento abitativo Ponte di Brenta dovette attendere la costruzione del ponte nuovo sul Brenta, per consentire un più rapido collegamento tra Padova e Venezia e da allora iniziò l’opera di disboscamento della zona. In seguito alla costruzione di questo ponte la località prese maggiore consistenza e fu chiamata “Ponte di Brenta in Noventa”. Quando poi fu costruito un altro ponte sul Piovego, per unire il territorio di Noventa rimasto tagliato in due dall’escavazione del Piovego nel 1209, quest’ultimo prese il nome di “Ponte di Noventa” ed il primo quello definitivo di “Ponte di Brenta”, che rimase come toponimo del nuovo villaggio.
LA CHIESA DI SAN MARCO A PONTE DI BRENTA
All’interno della chiesa di San Marco, a Ponte di Brenta, si trova l’altare, in marmo di Carrara, eseguito da Antonio Bonazza nel 1750; l’altare è dedicato al sacro “Cuore di Gesù”. Tutta la chiesa è un interessante esempio di stile barocco classico, eccetto per il dipinto dietro l’altare. Degno di nota, inoltre, è il grande organo barocco di Gaetano Callido, uno dei più importanti costruttori di organi del diciassettesimo secolo.
Un tempo Terranegra era solo un podere del Comune di Padova che aveva assunto tale nome per la presenza di cimiteri di Padova romana. Infatti prima si chiamava Terra Cineraria, poi Terranigra (terra negra, scura) e quindi Terranegra.
Nel 1670 il Vescovo Gregorio Barbarigo, accogliendo le richieste dei fedeli di Terranegra, promise di far erigere una Chiesa in Terranegra. I lavori di costruzione ebbero inizio il 24 settembre 1673 e furono portati a compimento il 5 giugno 1674.
Durante l’ultimo conflitto mondiale, il giorno 20 aprile 1944, la chiesa, la canonica e il campanile furono colpite nel bombardamento su Terranegra, riportando varie lesioni che dopo la guerra furono in parte riparate. Nell’alluvione del 5 novembre 1966 la Chiesa e gli edifici annessi furono alluvionati per la rottura del canale Roncajette, e l’acqua deteriorò tutto l’arredamento. Si poterono salvare le tre “Pale” collocate sull’altare, pale che furono in seguito restaurate e collocate nel Tempio Nazionale dell’Internato Ignoto, eretto alla memoria degli Italiani morti nei campi di concentramento tedeschi, dove la sede parrocchiale era stata trasferita dal 1955.
La zona di Camin ha origini molto antiche: già in età preromana, 1000 anni prima di Cristo, sorgevano nell’area di Camin nuclei abitativi che risalgono al popolo dei Paleoveneti, come dimostrato dal ritrovamento, in questa zona, di importanti reperti.
Nella zona spesso i contadini, scavando, hanno ritrovato resti di tombe e suppellettili e, poichè i romani seppellivano i loro morti lungo le strade, è stato possibile risalire al tracciato delle antiche strade romane. Un importante ritrovamento casuale è la stele di Camin, monumento funebre dove è rappresentato il dono che la donna porge per accompagnare il consorte nel viaggio dell’oltretomba.
L’antico ponte dei Graissi o dei Greci, il cui nome sembra derivare dal passaggio del greco Cleonimo, fu sempre fino all’ultima guerra, strategicamente importante per i collegamenti tra Venezia e Padova.
Camin era ricco di boschi e paludi dove si esercitava la pesca; col passar del tempo le acque si ritirarono lasciando un terreno adatto all’agricoltura che divenne feudo dei “da Camino”, famiglia di origini longobarda della marca trevigiana.
Camin e le altre contrade vicine furono possedimenti canonici di Padova che qui nel 1105 avevano un porto fluviale. La Chiesa di Camin, dedicata a Santissimo Salvatore, esiste da prima del 1200.
Un cenno particolare va a Villa Berta, originariamente abitazione di una ricca famiglia ed ora sede di uffici e sale riunione del consiglio di Quartiere 3 Est e di altri servizi comunali e dell’Usl 16. Chiamata originariamente “casa Pajola”, dopo la guerra ospitò un ospedale geriatrico, ricovero a lunga degenza per anziani e ammalati; successivamente ospitò la scuola media dalla sua istituzione fin al 1973 quando fu inaugurato l’attuale edificio della scuola media e Villa Berta ha assunto la sua destinazione attuale.
L’attuale nome di Granze di Camin riconduce a “granza”, “granaio”, “fattoria” ovvero ai grandi possedimenti terrieri appartenenti a ordini monastici o a conventi muniti di “teze” per le granaglie; ciò conferma l’antica vocazione agricola dei suoi abitanti e la presenza di una curazia assoggettata al diritto di patronato del monastero di S. Stefano di Padova e situata nella sfera territoriale dell’importante villaggio di Camin.
Anche gli scarsi rinvenimenti archeologici hanno confermato la presenza di insediamenti di tipo rurale nella prima e nella seconda età del ferro e successivamente l’appartenenza del territorio ad un sistema agrario ordinato e strutturato di impronta romana.
La mancanza invece di documenti e testimonianze dagli ultimi secoli dell’antichità sino ai primi secoli del medioevo fanno pensare ad un territorio abbandonato sicuramente ricoperto da vegetazione arborea; scriveva A. Gloria: “Un tempo appellavasi Frassenedo, perché luogo selvoso coperto di frassini. Ne parlano documenti del 1187 e 1190” (Il territorio padovano illustrato, Padova 1862).
Considerato che il frassino era legno assai utile per costruire, per ardere ed anche per trarne fogliame gradito agli animali, non è meraviglia che ne fossero interessati non solo gli appartenenti al clero patavino, ma anche i vicini abitanti di Camin, Villatora, S. Gregorio e l'antica Villa Ruffina (oggi Ponte San Nicolò). Solo così si spiega come i primi dati anagrafici che si possiedono su Frassenedo o Granze di Camin partono dai 200 abitanti per giungere ad oltre 600. Da alcuni documenti appaiono inoltre in evidenza due contrade di Frassenedo: "de le brente" e "delle valli".
La costruzione della chiesa dedicata a papa San Clemente I avvenne in zona leggermente scostata dal centro abitato ma pur sempre nella strategica ubicazione del territorio di Granze, ricompreso com’era tra la via Altinate a nord che uscendo da Padova, attraverso la parrocchia di Ognissanti, arrivava a Camin e la via di uscita da Pontecorvo a sud, che raggiungeva la Saccisica in direzione della laguna veneta.
L'antica chiesa ha tutta la sua storia in una lettera del 1595, inviata dalla comunità di Frassenedo al vescovo di Padova, Marco Corner, affinché egli intervenga per arginare la prepotenza di alcune famiglie "aristocratiche" della città, che si fanno largo anche in chiesa, collocando a piacimento i propri "banchi di famiglia". I "capi famiglia" di Frassenedo chiedono quindi l'intervento del vescovo e lo fanno offrendo alcune preziose notizie di quanto hanno operato per la chiesa di Frassenedo: in due anni (siamo alla fine del Cinquecento) essi hanno dato possibilità, attraverso restauri, di radunare molte persone che prima si recavano a messa in quattro località: S. Gregorio, Camin. Villatora e Ponte San Nicolò. Spendendo la bella cifra di "mille e passa ducati" hanno costruito un campanile nuovo, un coro e una sagrestia nuovi.
Nei secoli successivi la chiesa ha subito alcuni interventi architettonici, quali la costruzione di nuovi altari e, tra il 1847-48, la ricostruzione del campanile e, in buona parte, della chiesa stessa; ma la nuova situazione territoriale della città di Padova, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, avrebbe creato una situazione di "quasi emarginazione" dell'antica chiesa di Granze, nei confronti di uno sviluppo ambientale e architettonico del luogo. Ragione per la quale il 30 aprile 1967 si sarebbe benedetta una "prima pietra" dell'erigenda chiesa parrocchiale di Granze, inaugurata poi il 19 marzo 1968.
L’antica chiesa di San Clemente, sconsacrata, abbandonata e resa inagibile dai lavori per la costruzione della Zona Industriale, è stata oggi recuperata dal Consorzio Zona Industriale e Porto Fluviale di Padova, che l’ha ristrutturata restituendola alla memoria degli abitanti di Granze.
Riferimenti
Quartiere 3 Est - Settore Servizi Demografici, Cimiteriali e Quartieri
Comune di Padova