Borgo Portello
Nel Medioevo a Padova veniva chiamato "portello" qualsiasi apertura o porta ricavata nelle vecchie muraglie di difesa della città per far passare uomini e merci dirette ai centri lagunari di Chioggia e di Venezia, oppure alle campagne confinanti, ed è proprio da questa analogia che deriva il nome del popolare quartiere padovano Borgo Portello.
Le più antiche notizie relative alla zona Portello riferiscono che il luogo fu utilizzato come area cimiteriale dai più antichi abitatori di Padova, conosciuti come "Paleoveneti" (I millennio a.C.).
A quei tempi Padova non aveva mura di difesa, né case o strade o porte monumentali, quindi la zona era del tutto disabitata, incolta e periferica al nucleo abitativo paleoveneto.
Le tombe, scoperte a seguito degli scavi effettuati durante la costruzione degli Istituti universitari, sono risultate di un periodo che va dal IX - VIII secolo a.C. al I secolo a.C..
Vere testimonianze di un mondo civile e dedito al culto dei propri morti, le tombe della necropoli del Portello ora si trovano al Museo Eremitani.
A cavallo tra il XV e il XVI secolo, con l'espansione della Repubblica Veneta, Padova fu palcoscenico di guerra nello scontro del 1509 fra la Lega antiveneziana di Cambrai e la Repubblica Veneta.
Nel 1523, quando fu ristabilita la pace, Padova trascorse in seguito un periodo di rifacimento del tracciato delle mura trecentesche.
La zona Portello-Ognissanti fu in questa occasione sconvolta da grandiosi lavori che portarono anche alla costruzione di un Castelnuovo, ovvero il Nuovo Castello di Padova, che non fu mai terminato, e del cui progetto oggi rimangono solo alcuni bastioni: il Bastione del Portello Vecchio, il Bastione di Castelnuovo o Gradenigo e il Bastione del Portello Nuovo o Venier, su cui è ancora ben visibile la nicchia in cui è alloggiata una copia del Leone di San Marco che, dopo il suo ritrovamento a metà dell'800 nelle acque melmose del fossato ai piedi del bastione e un conseguente restauro, fu acquistato e infisso nel palazzo romano.
All'incontro tra le vie Belzoni e Ognissanti troviamo piazza Portello e, sullo sfondo, l'omonima Porta.
Porta Portello, costruita nel 1518, è attribuita all'architetto Guglielmo Grizi, detto il Bergamasco, su iniziativa di Marco Aurelio Loredan, capitano di Padova, e costituisce senza dubbio l'opera più bella realizzata dalla Repubblica Veneta.
Fu concepita più come porta ad uso civile e commerciale che come porta ad uso militare.
Qui sul canale del Piovego esisteva il piccolo porto fluviale cui facevano capo i battelli che collegavano Padova a Venezia. Ben 80 imbarcazioni, assicurano gli storici, facevano regolarmente servizio, tanto era grande l'afflusso dei passeggeri.
E' considerata la più sontuosa ed importante tra le porte padovane che danno accesso alla città, sia per la ricchezza degli ornamenti, che la fanno assomigliare ad un arco trionfale, sia perché porta scolpite due date significative: il 1118 a.C, che sarebbe l'anno della fondazione di Padova che il mito attribuisce ad Antenore, e il 1518, anno della costruzione della Porta. È rivestita in pietra d'Istria e abbellita da otto colonne che poggiano su piedistalli che vanno a morire nelle acque del Piovego.
La costruzione è sormontata da una torretta con orologio.
Nella parte destra, dove un tempo era collocato un leone di S. Marco (distrutto al tempo della Rivoluzione francese) è scolpito a rilievo un castello turrito, simbolo del dominio veneziano in terraferma. Sopra l'arco trionfale vi è la dedica in latino al Prefetto di Padova all'epoca della costruzione della porta nel 1518; in alto poi due stemmi, uno della città di Padova e l'altro del Doge in carica Leonardo Loredan.
Tra le doppie colonne si possono ancora leggere due importanti scritte scolpite su lastre di marmo: quella sulla destra esalta il coraggio del Doge Loredan, mentre quella sulla sinistra riporta la dichiarazione in cui la Repubblica Veneta si fa orgoglio per aver abbellito con baluardi di guerra una città antichissima come Padova.
Addossati ai piedistalli delle colonne più vicine al ponte e seminascosti fanno la guardia all'entrata della porta due grossi leoni seduti sulle zampe posteriori.
Di fronte alla porta, oltre il ponte, di cui i piloni risalgono allo stesso periodo della porta e le arcate invece alla fine del '700, esiste ancora l'Edicola di S. Maria dei Barcaioli del 1790, dove i viaggiatori assistevano alla messa prima di imbarcarsi sui burchi.
La Scalinata, che era scomparsa sotto un metro di terra, è stata riportata alla luce dall'associazione "Amissi del Piovego" (Amici del Piovego) e restaurata nel 1993.
Sul muro sotto il capitello (1790) a uno degli estremi della Scalinata è murata la lapide che ne ricorda la costruzione (1534) e sotto la lapide è posta la piccola statua della Madonna dei Barcari del Portello.
La Scalinata, che fu anche immortalata in un dipinto del Canaletto, era il punto di inizio e di imbarco per la Riviera del Brenta.
Da qui partiva il celebre Burchiello così ricordato dal Goldoni:
"Vaghissimo naviglio
di specchi e intagli
e di pittura ornato
che ogni venti minuti
avanza un miglio
da buon rimorchio
o da cavai tirato"
Dal molo della Scalinata partono ancora oggi i tour in battello della città, gestiti da diverse società di navigazione.
Borgo Portello ha mantenuto nei secoli l'originale struttura.
L'impianto stradale non ha subito variazioni: l'asse viario principale è quello di via Belzoni-Ognissanti, dove rimangono la larga via Portello, un tempo abitata soprattutto da barcaioli che vi avevano anche costituito la loro fraglia (corporazione medievale), e la lunga via San Massimo, in cui spiccano palazzi che portano ancora i simboli della dominazione veneziana.
Questa zona, un tempo una delle più popolari ed animate di Padova, mantiene la sua vivacità per la sua vicinanza con gli Istituti dell'Università che l'hanno trasformata in una vera e propria cittadella universitaria.
Dove si trova: Borgo Portello si estende lungo via Belzoni e via Ognissanti nella zona circostante a piazza e Porta Portello - mappa: posizione 35