Padova veneziana
Quando i Carraresi depongono le armi e si arrendono all'inarrestabile ascesa di Venezia, la città si aspetta di sacrificare l'indipendenza politica per la tanto sospirata pace. Invece dovrà ancora affrontare dure e sanguinose battaglie che ne rivoluzioneranno ancora l'aspetto.
Il '400 scorre tranquillo, il Rinascimento artistico e culturale i cui semi erano stati gettati alla fine del '200 e per tutto il '300 si può finalmente realizzare.
Probabilmente per Padova passano Filippo Lippi, Paolo Uccello e Andrea del Castagno, anche se nulla rimane del loro soggiorno. Sarà la presenza in città di Donatello dal 1443 al 1454, il catalizzatore che permette a Squarcione e agli allievi della sua bottega, il più famoso dei quali è Andrea Mantegna, di sviluppare uno stile originale e di attrarre in città moltissimi altri artisti. Lo sviluppo economico iniziato con l'apertura degli scambi commerciali nel '300 ora si consolida grazie alle vie commerciali già aperte da Venezia e permette alla città di cambiare il suo volto. La Basilica del Santo vede realizzato da Donatello prima un Crocefisso e poi l'altare maggiore, nella piazza antistante viene posizionato il più rivoluzionario monumento dell'epoca, la statua del Gattamelata, la Cappella Ovetari, nella chiesa degli Eremitani viene affrescata dai muranesi Giovanni d'Alemagna e Antonio Vivarini e dai giovani Niccolò Pizzolo e Andrea Mantegna, che già aveva impressionato la città, ma addirittura il Vasari con il Crocifisso di Santa Sofia.
La partenza di Donatello e la lite tra Squarcione e Mantegna a causa del matrimonio di Andrea con la sorella di Giovanni Bellini la cui fama di pittore stava crescendo a Venezia, dissolsero la scuola padovana del '400 e segnarono il termine del rinascimento cittadino. Padova infatti continuò ad attrarre artisti che qui realizzarono opere grandiose, ma il vero fermento si spostò a Venezia.
Il '500 si apre purtroppo nuovamente con la guerra. Questa volta è la Lega di Cambrai capitanata da Massimiliano I d'Austria, che riuniva interessi territoriali di Papa Giulio II, del re di Francia Luigi XII, del Duca di Ferrara Alfonso I D'Este e degli Aragonesi di Ferdinando II.
Il Papa infatti aveva diverse questioni in sospeso con Venezia, dalla sua indipendenza morale e religiosa (a Venezia risiedevano liberamente mercanti e artigiani di tutte le confessioni), alle vecchie questioni dei confini a sud della Repubblica. La Francia voleva aggiungere a Milano anche Brescia e Cremona, l'Austria estendersi verso il mare in Dalmazia e acquisire le ricche Padova e Vicenza, la Spagna prendere i territori veneziani in Puglia.
Una tale concentrazione di potenza non poteva che avere presto la meglio su Venezia, più incline al negoziato che allo scontro diretto. Dopo una rapida serie di vittorie nel 1508, la Repubblica sembrava ormai prossima alla sconfitta. Nel 1509 la Lega arrivò a Padova, distruggendo i borghi delle periferie e stringendo la città d'assedio. Le mura di Padova avevano però già visto gli assalti di molti eserciti e la città non fu mai presa.
Questo avvenimento segnò l'inizio della crisi tra gli alleati antiveneziani, e il timore di una eccessiva presa di potere di Spagnoli e Francesi spinse Giulio II a cercare un accordo con i Veneziani.
Nel 1510 la guerra terminò permettendo a Padova di vedere un secondo rinascimento culturale, questa volta non più trainato dagli artisti, ma dall'Università.
Venezia infatti aveva deciso che la fama e la qualità dell'insegnamento al Bo' avrebbero resa improba la creazione di altre istituzioni simili in laguna o in terraferma. Padova fu quindi l'unica sede di istruzione superiore della Repubblica, che ne sostenne un ulteriore sviluppo. Fino all'arrivo delle truppe napoleoniche alla fine del '700, studenti e professori che si susseguirono a Padova portarono sviluppi radicali nella scienza.
Alla fine del '400 arriva in Italia Niccolò Copernico che si laurea a Bologna e poi prende una cattedra a Padova dove svilupperà le sue teorie sul moto dei pianeti e del sistema solare.
Nel 1537 si laurea in medicina Andrea Vesalio che qui scrive, durante i suoi 6 anni di insegnamento, il primo trattato di anatomia moderna il "De humani corporis fabrica".
Intorno al 1543 viene fondato il primo Giardino dei Semplici del Mondo, ovvero il primo Orto Botanico . I "semplici" erano i rimedi "semplici", cioè essenziali, ricavati dalle piante, la base della farmacologia.
Proprio ad insegnare i "semplici" insieme a "chirurgia e notomia", venne chiamato nel 1551 Gabriele Falloppio, che con i suoi studi di anatomia descrisse oltre alle tube cui diede il nome, importanti parti dell'occhio e dell'orecchio. La scuola medica di Padova assunse sempre più importanza a livello internazionale attirando studenti e professori da tutta Europa.
Alla fine del '500 Fabrici d'Acquapendente prese la cattedra di Medicina, fece costruire il primo teatro anatomico permanente (1594) e si dedicò in particolar modo al sistema venoso e all'embriologia. Il suo miglior allievo William Harvey che qui si laureò nel 1602, proseguì gli studi del maestro riuscendo per primo a definire le dinamiche del sistema circolatorio.
Se Padova non fosse stata nella Repubblica di Venezia, molti studi non si sarebbero potuti compiere, dato che in larga parte d'Europa le sezioni anatomiche dei corpi umani erano considerate un crimine punibile con la morte. Nello stesso anno in cui Fabrici d'Acquapendente pubblica il primo trattato di embriologia comparata, il De formato foetu (1600), a Roma viene arso sul rogo come eretico Giordano Bruno, che rifiutava di abiurare le sue idee. La possibilità di sperimentare in ambito anatomico porterà fino alla fondazione dell'anatomia patologica da parte di Morgagni alla fine del '700.
Nel 1592 arrivò a Padova Galileo Galilei, dall'Università di Pisa, e qui rimase dedicandosi agli studi di matematica, fisica e astronomia fino al 1610 quando, in marzo, pubblicò il Sidereus Nuncius, dove presentava le scoperte realizzate con il cannocchiale: la morfologia della Luna, simile a quella della Terra, la Via Lattea come ammasso di stelle, l'esistenza dei satelliti di Giove (scoperti fra il 7 ed il 13 gennaio dall'osservatorio sulla torre di Ponte Molino) e di stelle invisibili ad occhio nudo. Subito dopo gli viene offerta una cattedra a Pisa dove farà nuove scoperte (le macchie solari e le fasi di Venere) e pubblicherà nuovi trattati tra cui "Dialogo sopra i Massimi sistemi", ma subirà anche l'ostilità della Chiesa, la prigione e la costrizione ad abiurare. Galilei, nelle sue memorie, ricorderà poi il ventennio padovano come i giorni più felici della sua vita.
Ad un secolo esatto dalla partenza di Galileo prese una cattedra il fisico e matematico Giovanni Poleni che fondò il primo laboratorio universitario di fisica e i cui scritti divennero famosi in tutta Europa, tanto che Liebenitz lo fece nominare Accademico di Berlino.
Ma gli studenti illustri che si avvicendarono a Padova nei secoli veneziani sono moltissimi: Francesco della Rovere (papa Sisto IV), Giovanni Pico della Mirandola, Leon Battista Alberti, Paolo Toscanelli, Francesco Guicciardini, Pietro Bembo, Torquato Tasso, Paolo Sarpi, Tommaso Campanella, Roberto Bellarmino (il principale persecutore di Galileo, ironia della sorte), Gerolamo Cardano, Gian Battista Montano, Carlo Goldoni, Ugo Foscolo, Giuseppe Tartini e Giacomo Casanova.
Ma non sono solo gli studi scientifici il fiore all'occhiello dell'Università. Dai tempi di Pietro d'Abano e di Marsilio, filosofia e giurisprudenza producono studiosi e testi fondamentali: Paolo Veneto, Gaetano da Thiene , Piero Pomponazzi e Jacopo Zabarella. In filosofia si laurea qui la prima donna al Mondo, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia nel 1678.
In questi due secoli di calma e prosperità e dopo le distruzioni dell'assedio da parte della Lega di Cambrai, la città cambia completamente, si ingrandisce, si ricostruisce. Innanzitutto si costruiscono nuove mura, 11 chilometri di perimetro, abbellite da nuove porte come porta San Giovanni, porta Savonarola, la nuova porta Pontecorvo e il Portello nuovo.
In questo febbrile clima di costruzioni nasce in via De' Rogati (una laterale di via Umberto I) e cresce Andrea Palladio, mandato bambino a bottega da uno scalpellino, essendo di famiglia piuttosto modesta.
Tra il '500 e il '600 arrivano a Padova anche gli architetti Dario Varotari, Vincenzo Scamozzi (chiesa di S. Gaetano), Jacopo Sansovino (che lavora presso la Basilica del Santo), Andrea Moroni (Palazzo del Municipio, Cortile dell'Università) e Andrea da Valle. Tiziano dipinge nella Scoletta del Santo (altre opere padovane sono al Museo Eremitani), Paolo Veronese è anche lui al Santo e a S. Giustina. Poi Domenico Campagnola, Stefano dall'Arzere e Girolamo dal Santo che affrscano l´Oratorio di S.Rocco, la Scoletta del Carmine e la Sala dei Giganti.
La peste che colpisce tutta Europa nella prima metà del '600 non risparmia nemmeno Padova e solo l'intervento di Alvise Vallaresso, approntato Capitano e Provveditore alla Sanità nel 1630 proprio per risolvere la questione, riesce a liberare la città dall'epidemia, costringendo la popolazione riluttante alla quarantena e a spostare i cimiteri fuori dalla cinta muraria. Il successo di Vallaresso viene celebrato dalla città con la realizzazione di un arco di trionfo ancora visibile in piazza del Duomo, accanto al palazzo del Monte di Pietà.
Dalla metà del '600 la decadenza di Venezia porta inevitabilmente ad una minore disponibilità economica e quindi ad una minor attività artistica, anche se al Museo Eremitani rimangono opere dei grandi pittori, da Padovanino a Giambattista e Giandomenico Tiepolo passando per Diziani, Ricci e Piazzetta, che hanno continuato ad abbellire i palazzi padovani.