Chiesa di Santa Sofia
indirizzo: via Santa Sofia all'incrocio con via Altinate - Padova
GALLERIA FOTOGRAFICA CHIESE DI PADOVA
La Chiesa di S. Sofia è tra le più antiche della città. Nota e famosa soprattutto per la sua originalissima struttura, nel secolo scorso fu a lungo oggetto di studi di culto da parte di numerosi esperti.
I resti di fondazioni romane visibili nel sotterraneo e una pietra sacrificale dimostrano che la chiesa è sorta sulle rovine di un tempio pagano, probabilmente dedicato al dio Mitra, divinità di origine persiana, le cui prime tracce risalgono al 1300 a.C., ma probabilmente risalgono a prima di quella data. Tale divinità era venerata in uno dei culti orientali, portato dal mondo ellenico, diffusosi a Roma in alternativa alla religione ufficiale.
Il primo grande rifacimento della chiesa risale al IX secolo, in epoca carolingia.
L'attuale edificio, stilisticamente affine alla tipologia diffusa sul litorale adriatico, fu costruito, a partire dalla zona absidale, tra il 1106 e il 1110 e completato nel 1127.
La facciata (XI - XIV secolo) appare inclinata a causa di cedimenti delle fondamenta avvenuti già durante la prima costruzione. Durante il tremendo terremoto del 1117, che distrusse gran parte degli edifici padovani compresa la Basilica di Santa Giustina, la struttura era ancora nell'iniziale fase di costruzione.
La facciata, tripartita, rivela la suddivisione interna in tre navate. Il corpo centrale è diviso da un cornicione: nella parte inferiore la porta sormontata da un arco e fiancheggiata da quattro nicchie, nella parte superiore due colonne, il rosone, la bifora e due finestre incorniciate dagli archetti pensili.
Il tetto a capanna e il portale affiancato da nicchie ricalcano modelli presenti nella laguna veneta. La superficie muraria delle ali laterali esalta la materia e le sfumature cromatiche del mattone. Il piccolo campanile romano-gotico risale al XIV secolo.
Il tetto con volte a crociera è del XIV secolo e fino ad allora era una copertura provvisoria di paglia. La struttura non era stata calcolata per sostenere l'enorme peso della nuova copertura e creò già da subito problemi statici tamponati con tiranti e sostegni al colonnato interno.
L'abside, che costituisce la parte più interessante e singolare dell'edificio, è formata esternamente dalla sovrapposizione di tre ordini di arcate: il primo giro dal basso è la parte più antica dell'edificio (VII - IX secolo) ed è ornato con semicolonne sormontate da rozzi capitelli in pietra con croci e animali. Il secondo giro risale al X secolo, il terzo fu costruito cento anni più tardi e completato nel 1127 con il resto dell'edificio.
L'interno a tre navate richiama lo stile romanico-gotico. E' coperto con volte a crociera ed è caratterizzato per l'assoluta essenzialità dell'arredo.
Le tre navate sono separate da pilastri e colonne bizantine che, poiché diverse l'una dall'altra, formano una sequenza molto bizzarra e interessante.
Persino i vari livelli sono lasciati all'improvvisazione del momento e denotano chiaramente molte fasi successive di lavorazione condotte però in breve tempo e con l'utilizzo di materiale da costruzione di recupero, riciclato da rovine anche romane.
A sinistra dell'ingresso principale, il Sepolcro del giurista Lodovico Cortuso, morto nel 1418, che dispose che ai suoi funerali partecipasse un coro di dodici ragazze vestite di verde, accompagnate da cinquanta suonatori e tutti gli ordini monastici, eccetto quelli in abito nero.
Tra le opere scultoree quella di maggior valore è la Vergine col Cristo morto dello scultore Egidio da Wiener Neustadt (1430), collocata sopra il secondo altare della navata di sinistra.
Nell'ultima nicchia a sinistra prima dell'abside interna, Madonna col bambino attribuita a Giovanni da Gaibana.
Nella lunetta dell'abside, Madonna col bambino e due sante, affresco del XIV secolo di scuola giottesca.
I resti della decorazione murale più antica, risalente al XIII secolo, sono oggi deteriorati. Dalle analisi delle strutture pare comunque certo che non sia mai stato previsto un ciclo organico di affreschi.
Restauri ottocenteschi e del secondo dopoguerra (1951-58) hanno rimosso gran parte dell'apparato decorativo e tutte le aggiunte barocche, compresi gli altari.
Grazie alle accurate note dei cronachisti dei secoli passati, sappiamo che nel 1448 il diciassettenne Andrea Mantegna firmava la sua prima pala d'altare e che addirittura a quell'età precocissima era già definito "magister" e "pictor". Di quest'opera perduta, che ornava l'altare maggiore della chiesa di Santa Sofia, ci resta solo la trascrizione della scritta di cui era fregiata grazie alla quale sappiamo che Mantegna era nato, diciassette anni prima, ossia nel 1431, in un piccolo paese veneto, di nome Isola di Carturo, proprio sul confine tra Vicenza e Padova.
L'origine arcaica delle strutture preesistenti alla Chiesa è testimoniata in particolare dalla cripta sotterranea, che rappresenta forse la sopravvivenza di un importante tempio antico collegato da una galleria sotterranea ad un altro sull'opposta sponda del fiume Brenta dapprima e Bacchiglione poi, che vi passava accanto. Proprio questo è l'aspetto che pone ancora notevoli dubbi interpretativi, individuabili in leggende.
Nomi di luoghi e tracce storiche sono tuttavia fuorvianti ed insicuri. La stessa consacrazione a Santa Sofia s'innesta in queste leggende, condizionandone pesantemente le discussioni interpretative storiche.
Le strutture incompiute della cripta, identificate negli anni '50, sono assai particolari, in quanto ripetono esattamente in dimensioni solo di poco ridotte, quelle della cripta della veneziana basilica di S. Marco, iniziata nel 1063. Ed anche le maestranze dovevano venire da Venezia, in quanto le parti rimaste dell'elevato mostrano un apparato di nicchie semicircolari con disposizione a spina di pesce dei mattoni delle semicalotte che è tipicamente lagunare.
Se la progettazione architettonica e la conduzione della fabbrica sono state del tutto carenti ed improvvisate, anche a causa del lungo protrarsi dei lavori e delle modeste disponibilità finanziarie, del tutto straordinaria è stata invece l'abilità delle maestranze. In particolare è evidentissima la bravura nel lavorare il laterizio, con numerose soluzioni altamente spettacolari.